Quasi tutto, in musica, è un mistero. Le ipotesi della scienza acustica, affascinanti ed illuminanti, sono utilissime per comprendere le possibili modalità di risonanza del suono nell’atmosfera, le sue possibilità di diffusione ed ampiezza, frequenza, tonalità, ma l’origine del suono rimane profondamente occulta, segreta, misteriosa. Di fronte al mistero: non ciò che è inconoscibile ma ciò che è indicibile, restiamo avvolti in un confortevole luogo di possibile conoscenza, alla quale non abbiamo completo accesso.

Quasi tutto, in musica, è un miracolo. Le relazioni tra la psiche umana e le onde sonore sono tanto potenti quanto fragili, incomprensibili, meravigliose. L’educazione umana all’ascolto del suono universale mira, attraverso la risonanza simpatica, alla completa identità con lo stesso suono, per quella parte cui veniamo esposti dalla nostra disponibilità, cura, attenzione e avventurosa coincidenza. Ugualmente: nessun suono esiste davvero senza il nostro ascolto.

Il nostro individuale processo di familiarizzazione con la forma della musica continua nel tempo. Possiamo permetterle di entrare, adattarsi, muoversi nel nostro spazio più autentico perchè solo così possiamo eseguire il movimento necessario affinchè la musica si compia ed entri nell’esistenza: possiamo entrare nella musica. La musica del tempo, lo zeitgeist sonoro, è quella che meglio si adatta al clima atmosferico, all’immagine sentimentale, alla presenza (o all’assenza) di imperativi.

La musica non è un linguaggio, se essa entra nella nostra sfera di percezione lo fa al di qua di qualsiasi grammatica, sintassi, vocabolario. Quello che accade è che una traduzione interviene, ed è questa che viene misurata, nominata, discussa. La musica è una esperienza, che come tale si comunica solo attraverso sé stessa. Ogni tentativo di razionalizzarla, ordinarla, amministrarla diventa accademia, riduzione, semplificazione. La musica, che si adatta al tempo, può così infine anche determinarlo.

Questo tocca le radici stesse della civilizzazione in cui viviamo, che spesso è fondata sulla paura dell’incomunicabile. Inoltre nel nostro sistema educativo non c’è più spazio, paradossalmente, per una esperienza che trascenda la necessità di discutere, schedare, categorizzare. La musica non è analizzabile: essa esiste fuori da ogni categoria, modello, storia economica o politica. Sono analizzabili solo i modi, le forme, le strutture attraverso cui essa entra nel mondo.

Nel metodo educativo eccessivamente analitico, una specie di pedagogia invertita, stanno i germogli di una esistenza meccanica, fredda, enucleata dalla natura. La quale natura esprime sé stessa per archetipi, segni simbolici, ologrammatici, frattalici. E genera i miti fondatori di ogni vera civiltà. Affrontare questi miti senza la leggerezza naturale, senza la gioia della danza e del canto, potrebbe determinare la fine di una civiltà, senza fornire gli strumenti per poter prevedere l’avvento del mondo nuovo.

Music is Sub by_Øystein Jørgensen_