La funzione del giardino giapponese, dove la tranquillità sembra rendere accessibile uno stato di calma della mente che intona i ricettori del corpo ad un febbrile ambiente di eventi in miniatura: una farfalla che si posa sul muschio, gocce d’acqua intermittenti, ronzio di insetti, cerchi d’acqua in uno stagno.

Lo spazio è stato accuratamente progettato per rendere possibile questo stato della mente a solo qualche minuto dal frenetico ambiente urbano.

Tutto il rumoroso inquinamento del Giappone contemporaneo, il suo passato medievale ed il suo presente industriale, politico e tecnologico sono sistemati molto vicino uno all’altro. Il giardino è una costruzione meditazionale, estetica , uno strumento abilitante forse, che relega il chiasso di fondo ai margini della scena per un breve periodo e si focalizza invece su delicati modelli di luce, ombra, colori odori, suoni. E rumori.

David Toop – Ocean of Sound – 1999

Il nostro ambiente è del tutto mentale. Ogni intento volitivo ne determina forme e sostanze, ogni relazione passiva ne muta l’essenza. Quella che definiamo realtà, una rete interferente di coincidenze mutevoli, è la proiezione istantanea delle nostre categorie esperienziali, oltre che intellettive. La cospirazione che presiede alla realtà comune è un sistema convenzionale fragile quanto un cristallo di ghiaccio, pronto non soltanto a tornare acqua ma pure idrogeno, fuoco fatuo. La nuova realtà è il nostro nuovo modo di guardare: ciò che deriva dalla nostra esperienza metafisica, sensibile e sensitiva.

L’equilibrio artistico non è mai dato: in ciascun istante esso è mantenuto da un impegno e da una attenzione il cui cessare ci precipita in un vuoto celeste, nirvanico. Ma un artista in buona fede, questo essere umano naturale che accetta l’azione culturale, sa che ogni passo successivo ci porta fuori dal paradiso. La definizione di passione indica proprio ciò che, forse scioccamente, ci porta fuori da qualunque paradiso. L’iniziativa consapevole, l’azione poetica e il gesto celebrativo sono lo scopo dell’umanità, la sua passione.

Il mezzo è tuttora oggetto di studio, di evidenza, di ricreazione. L’esercizio ricreativo, pur non essendo affato singolare, mostra una flessibilità inesauribile e pure contorni fragilissimi. Pure: esso funziona oppure no, ricrea un ambiente abitabile per l’umanità, oppure no. Il campo di indagine può essere questo: la prova di funzionamento aldilà delle meccaniche, delle traiettorie e delle prospettive progettabili. La certificazione accademica di questo consiste: della prova di funzionamento di qualunque processo, non solo di quelli immaginabili.

Quello musicale è un processo di assonanze, quello di ascolto non si lascia turbare da gradevolezze e indulgenze: meglio affrontare la difficoltà, sempre segno di adattamento di evoluzione, di intelligenza. Meglio apprendere vie nuove, abbandonare stilemi fossili, avventurarsi nell’ignoto. La rete di riferimento è quella degli errori commessi: si onori l’errore come una intenzione nascosta, come il segno dellla consapevolezza misterica che affiora, come l’indicazione divina contenuta nell’azione “sbagliata”.

Quella artistica è un’avventura, non c’è istruzione per l’avventura, ed ogni buona educazione consiste nell’ex ducere il meglio di noi stessi. Il fine dell’azione artististica è la frantumazione del confine tra nozione conscia e sapienza inconscia. Nessun lavoro di studio è altro che la preparazione a questa azione poetica, uno studio che duri pure una vita intera è accettabile anche per una sola azione artistica, che completa la più frammentata delle vite, che ne sigilla la proprietà, l’opportunità, la gloria.