I don’t understand how people can be afraid of new ideas. I’m afraid of the old ones.
John Cage

L’apparente divario tra la musica classica e la musica popolare finisce spesso per essere solo un dispositivo manageriale di gestione dei budget. La teoria e la tecnica musicale hanno poco a che vedere, in fondo, con le scelte orchestrative, produttive o di arrangiamento. Nemmeno la ricchezza di vocabolario è una vera e propria indicazione di valore, tanto meno lo sono le organizzazioni d’impresa di maggiore o minore estensione. Se il fulcro di una coesistenza discorde fra le due è la distinzione sociale, poi, allora siamo tutti vittime di un raggiro colossale, quindi: La musica è ciò cui ci rivolgiamo coscientemente quando vogliamo ascoltare musica.

Alla cuspide tra produzione colta e intrattenimento leggero, a volte entrambe presenti nel catalogo di un autore, c’è spesso una scelta di opportunità, di stile e forse pure di calcolo delle necessità sociali, di relazione linguistica con un corpo più o meno esteso di esposizione pubblica. Laddove queste categorie sono state più confuse, per esempio nelle brume d’Albione emerse dal secondo dopoguerra, c’è stato un felice connubio, all’interno del quale la percezione del pubblico ha un peso non irrilevante.

Se affrontiamo il concetto, abbastanza estraneo al mondo mediterraneo, di una musica popolare impopolare, le cose si complicano. Al volgere del decennio forse meno comprensibile del ventesimo secolo, i grigi anni settanta delle rivolte pseudoculturali e delle rivendicazioni più brucianti di una classe sfuggente ed indefinibile come quella dei figli del proletariato che aspiravano ancora a posizioni sociali ottocentesche, la questione musicale era prima di tutto una questione di economia politica, certamente sotto gli occhi di tutti.

La commistione dei generi è sottile quanto qualunque altro dispositivo linguistico: una necessità di comunicazione su cui non va posta troppa enfasi. La sovrapposizione di stilemi, pure, non determina affatto la riuscita del modello di comunicazione: si tratta pur sempre di sperimentare con coscienza, le aspettative non possono essere definitive. L’adattamento creativo dell’economia politica alle condizioni del tempo è tanto rigoroso quanto sinuoso, possibilmente, e solo la musica possiede modi e flessibilità sufficienti a sostenerne l’evoluzione in maniera organica, funzionale alla vita, e crediamo pure inorganica, se deve anche ricordarsi di sostenere il mondo.